Un turbine di allegria: Gaia Nanni
Oggi incontriamo una fiorentina davvero speciale: donna, sognatrice, attrice e mamma...
Buon dì carissima, ricordo la tua voce allegra che ci teneva compagnia in radio, un paio di anni fa abbiamo parlato insieme degli appuntamenti per le famiglie su Radio Toscana. E non solo... sul grande schermo ti abbiamo applaudita nell’ultimo film di Pieraccioni “Se Son rose” in una divertentissima interpretazione.
Di recente sei tornata in teatro con “La Meccanica dell’amore” dove sei una cameriera robotica quanto mai particolare… per niente elastica, paragonata alla testardaggine di Alessandro Riccio, anziano bisbetico e molto solo.
Al Ridotto del teatro Puccini, con «Gli ultimi saranno ultimi», hai affrontato in un monologo ben cinque donne molto lontane e diverse tra loro: una manager, un’operaia, una poliziotta, un’anziana donna delle pulizie e un transessuale. 
Bene, allora ti chiedo: ma chi è Gaia Nanni?
Così su due piedi mi viene da dirti che Gaia Nanni è una donna con così tante donne dentro che aveva due possibili strade da percorrere: o finire in un reparto di Psichiatria femminile oppure dare voce a tutte le femmine che l’abitano facendo l’attrice. Ecco, ho scelto la seconda via.
Menomale, via... E come definiresti la vera donna che sei?
Multiforme, avvinta alla vita, moderatamente disperata e a tratti euforica. Insomma un gran casino.
In quanti ruoli ti ritrovi?
In tutti i ruoli mi ritrovo e mi “devo” ritrovare.
Nessun attore sceglie i personaggi che interpreta, ma ci passa attraverso, li rende suoi, li ama anche nelle loro bassezze e sgradevolezze. Quindi la grande avventura quando mi viene affidato un ruolo, sia esso di una santa o di un’assassina, è quello di farmi piccina e scomparirci dentro. Portare in scena una ricerca prima che la propria vanità resta per me un monito importantissimo.
Lavoratrice, compagna, madre dei gemellini che proprio in questi giorni hanno compiuto 5 anni. Cosa ti piace più di tutto nella vita?
Tentare di viverla, sembra una sciocchezza piena di retorica ma non è così. Tentare di non sprecare l’enorme meraviglia di essere venuta al mondo facendo con amore profondo il mio lavoro, cercando di rendere felici le persone più importanti della mia vita, alternando imprese impossibili (come per esempio rendere il Teatro un bene di massa) ad imprese spicciole e quotidiane (come convincere due energumeni alti un metro ad andare a scuola ogni giorno). Se si vive a perdi fiato poi d’un tratto ci si accorge che le imprese impossibili diventano quelle spicciole e quotidiane: le mamme lavoratrici ne sanno qualcosa.
 A cosa non rinunceresti mai e poi mai?
Ai miei affetti, alla mia famiglia, agli amici preziosi che altro non sono che la famiglia che ci siamo scelti. E diciamolo via, non rinuncerei mai e poi mai allo stupore.
Hai già raggiunto tutti i tuoi obiettivi o ci sono altri sogni nel cassetto che vorresti manifestare?
Ci sono tanti sogni nel cassetto, anzi, dovrei andare all’ikea attaccarmi alla macchina delle polpette e capire anche se fanno cassetti estensibili. Ma i miei sogni sono “normali” lavorare meno, guadagnare di più e passare più tempo col naso nel collo dei miei bambini. Annusarli e vederli crescere.
E’ facile conciliare il tuo lavoro con i figli?
Per niente, il mio lavoro si svolge nel tempo libero degli altri. Il fine settimana, la sera, i weekend. Spesso sono in teatri lontani dalla Toscana a spendere tutto il cachet in regali per chi resta a casa.
Ma se si sopravvive ai sensi di colpa, che vorrei dire a gran voce alla Donne che ci leggono sono il sentimento più inutile che ci hanno dato in dotazione, allora si riesce in maniera funambolica a fare tutto.
Anche ad essere felici.
Sono daccordo. Grazie per avercelo ricordato.
Mi dici cosa adori dei tuoi figli? E anche cosa davvero non sopporti, quando magari… forse… chissà… ti fanno un pochino arrabbiare!
Senza forse e senza chissà! Mi fanno imbestialire e buttare all’aria tutta l’educazione mansueta e montessoriana del cosmo. E tra bestemmie e ti amo ecco, li amo perdutamente e mi fanno arrabbiare perdutamente proprio per lo stesso motivo: per fortuna non sono i figli che sognavo di avere, sono proprio i figli che sono venuti. Arrivati con la loro personalità, i loro codici, la loro attitudine a capovolgermi la vita senza domandarsi come doveva essere “il figlio perfetto che voleva la mamma”.
Giulio e Dario sono nati che pesavano meno di un kg, prematuri e fragili.
Sono nati e vivono come vogliono loro.
Giulio non è capace di toccare le nuvole con uno stecco.
No.
Giulio è capace di convincere con entusiasmo 80 mesti e grigi amministratori di condominio, vinti dalla vita, che è davvero possibile toccare le nuvole con uno stecco.
Giulio mi chiama con la mano a sogliola e mi dice "la vuoi sentire una cosa da ridere?"
E me lo dice nei giorni che per me sono più faticosi e li ribalta, così, in un passo assurdo d'amore imprevedibile.
Ti contagia, anche se non puoi o ti girano i coglioni.
Giulio ti "monta a neve" con tutte le domande su tutti i perché delle domande che perché hanno i perché le domande con i perché.
Giulio sembra guardare la tua stanchezza da lontano, quando te sei ormai con l'occhio bovino senza vita sul divano e lui invece non si spenge, sembra dire "oh mamma ma che mi hai partorito per farmi star fermo?”
E ha ragione lui.
Sai cosa sto pensando? che il tuo nome ti si addice parecchio. Di nome e di fatto sei proprio un turbine di allegria...
Ti ringrazio della tua disponibilità. Ti va di lasciare un ultimo messaggio per tutti i genitori di Firenze e dintorni che ci stanno leggendo?
Ce la possiamo fare ragazzi, teniamo duro! La nostra è la battaglia più assurda e meravigliosa del mondo.
Gaia Nanni
Di Elisa Staderini
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Servizi In Zona
In Toscana è nato un bellissimo progetto che mira ad aiutare i cittadini. Abbiamo incontrato Laura Izzi, Presidente di "Servizi In Zona".
Laura, ci vuoi parlare della vostra associazione?
“Servizi in Zona mira a promuovere la diffusione di servizi sociali, educativi, psichiatrici e culturali presenti sul territorio toscano per favorire le persone nella ricerca di professionalità specialistiche e strutture pubbliche e private.”
Questo progetto si è posto un obiettivo ambizioso: diventare un punto di riferimento per tutti i cittadini toscani. Come è nata questa idea?
“Diciamo dalla mia volontà e da quella di Cristina Bernardini.
Io lavoro come educatrice da qualche anno. Tempo fa ho conosciuto, tramite passaparola, la famiglia di un ragazzo con problemi BES (bisogni educativi speciali) che frequentava le superiori. Mi hanno chiesto aiuto perché l’educatore domiciliare che seguiva il ragazzo era stato assegnato su un altro caso e loro non sapevano dove trovare un sostituto.
Ho cominciato a chiedere alle mie conoscenze, ma tramite il passaparola la ricerca era molto lenta e non sempre dava i giusti risultati. Allora io e Cristina ci siamo chieste come rispondere ad alcune domande del tipo: “Quali servizi offre il nostro territorio nell’ambito della cura alla persona? Dove si trovano e come arrivarci?”.
Le famiglie fino ad oggi si appoggiavano al passaparola, alle cooperative o alle chiese di riferimento. Ma perché sentire l’amico di un amico quando, forse, nel vostro stesso quartiere potrebbe esserci la persona di cui si ha bisogno?
Ad oggi l’Associazione conta un numero sempre crescente di strutture e professionisti che si occupano di servizi in ambito socio-educativo e psicologico-assistenziale, geolocalizzati all’interno del portale.
Tutti possono associarsi e proporre progetti: l’obiettivo è dare la parola a chi svolge un lavoro molto delicato come quello della cura della persona, mettendo in contatto professionisti e strutture con i cittadini in cerca di servizi specifici.
Servizi In Zona vuole offrire alle persone una visione completa di tutte le realtà socio-educative che esistono sul territorio toscano, e ad esso una risposta alle proprie necessità e bisogni. Attraverso la conoscenza delle realtà che esistono in Toscana, agevolata da un mondo accessibile a tutti come la rete, è possibile dare risposte nell’ottica di un vero welfare.
Per maggiori informazioni: https://www.serviziinzona.it
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Bambini bilingue
Immigrazione e genitori che parlano due lingue diverse. Sempre più bambini vengono esposti al bilinguismo: quali sono i vantaggi? Ne abbiamo parlato con la Logopedista Dottoressa Manuela Fici
Al giorno d'oggi molti dei nostri bambini devono imparare fin da subito a capire e parlare in due modi differenti. Vuoi perché i loro genitori parlano due lingue diverse, oppure perché sono immigrati con la famiglia da un altro paese.
Dottoressa Fici, il bilinguismo quali vantaggi offre per i più piccoli?
Il bilinguismo è una condizione diffusa in tutto il mondo e rappresenta senza dubbio un vantaggio linguistico e cognitivo notevole. Oltre al semplice fatto di essere capaci di comprendere e parlare due lingue diverse, questi bambini sono poi avvantaggiati nell’apprendimento di altre lingue.
Se il bambino viene esposto a entrambe le lingue fin dalla prima infanzia e stimolato a parlarle e ascoltarle entrambe, è subito in grado di gestire più lingue contemporaneamente senza sforzo e senza creare confusione.
A livello cognitivo il bilinguismo sembra sviluppare attenzione e memoria superiori alla media. I bilingui primeggiano nelle situazioni che richiedono una buona attenzione selettiva, ovvero riuscire a concentrarsi sulle informazioni rilevanti e di inibire quelle non rilevanti, come capita quando si devono gestire più compiti contemporaneamente o si deve passare velocemente da un compito all’altro.
A livello culturale poi è sicuramente una ricchezza: l’esposizione a due lingue e alle due relative culture diverse, predispone mentalmente a una maggiore tolleranza e apertura verso gli altri.
Per il normale sviluppo linguistico, esistono delle differenze tra i bimbi bilingui e i monolingue?
I bambini bilingui sono capaci di raggiungere le stesse competenze linguistiche, in entrambe le lingue, dei coetanei monolingue.
Spesso però possono manifestare un leggero ritardo di linguaggio, iniziando a parlare più tardi rispetto ai coetanei. Quando iniziano, possono confondersi utilizzando in una stessa frase parole di lingua diversa. Inizialmente mostrano inoltre un vocabolario meno ricco in entrambe le lingue parlate rispetto a quello dei coetanei monolingue.
Oppure ancora, potrebbero manifestare problemi nell’articolazione di qualche fonema, omettendone alcuni o pronunciandone erroneamente altri, perché esposti all’imitazione e apprendimento di maggiori stimoli fono/articolatori. Generalmente questo eventuale ritardo viene recuperato prima dell’ingresso alla scuola primaria.
Si possono riscontrare problemi a scuola?
A livello dell’apprendimento scolastico parlare due lingue fin dalla nascita non ha nessuna ricaduta negativa. Può talvolta accadere che eventuali difficoltà di apprendimento manifestate dal bambino vengano erroneamente ricondotte al bilinguismo e che quindi si consigli alla famiglia di parlare una sola lingua al bambino. ll bilinguismo fin dalla nascita, non ha alcuna influenza negativa sull’esperienza scolastica.
Logopedista Dott.sa Manuela Fici
tel: 335 8302022
riceve presso studi di Firenze:
-viale Antonio Gramsci 73
- via Andrea del Sarto, 28
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Homeschooling: impariamo la vita... da casa!
Ieri è ri-suonata la campanella nelle scuole italiane dopo le lunghe vacanze natalizie. Bimbi di nuovo sui banchi dunque, ma non solo...
Firenze, 8 gennaio 2015 - Ci siamo chiesti se esistono altre istituzioni, oltre alla scuola tradizionale, per educare i nostri ragazzi. La risposta è "famiglia": la valida alternativa.
Abbiamo incontrato una mamma e un papà della provincia di Pisa, che in casa ricoprono l'impegnativo ruolo di genitori e di insegnanti del proprio bambino.
Partendo dal presupposto che sia obbligatoria l’istruzione per almeno 8 anni e non la scuola, Viviana e Dario, potete raccontarci la vostra esperienza di homeschooling?
In effetti questa domanda non è per niente scontata! E' proprio da qui che siamo partiti quando abbiamo scoperto che l’obbligo riguarda l’istruzione del figlio e non la frequenza della scuola.
E’ stato divertente notare come sia nella nostra mente che in quella di altre persone con cui ci siamo confrontati sia balenata la fatidica domanda:
“Ma come, non ti vengono i carabinieri in casa se non mandi il figliolo a scuola?”
Ecco, dopo esserci informati e studiando la legge e la Costituzione Italiana, la risposta è No: i carabinieri non vengono a casa, perché quando ci si riferisce a obbligo di istruzione si intende che i genitori hanno il dovere di dare ai propri figli una buona educazione e una buona istruzione, che può avvenire anche al di fuori dell’istituzione scolastica.
Quello che l’esperienza di educazione parentale, o homeschooling, ci sta donando è prima di tutto una riscoperta dell’essere genitore, partecipe in prima persona di quella che viene definita istruzione del proprio figlio.
Si è aperto per noi un mondo nuovo fatto di presenza, dedizione e libertà di sperimentare e creare, dove noi grandi stiamo imparando di nuovo a guardare il mondo con la meraviglia con cui lo guardano i piccoli. L’altra scoperta è stato osservare quanto sia straordinariamente naturale e spontaneo nei bambini l’atto di imparare.
Certo non è tutto rose e fiori, la difficoltà più grande è per noi grandi che dobbiamo riselezionare e gestire i nuovi tempi della giornata e dedicarci con partecipazione e dedizione.
Quali motivazioni vi hanno indotto a questa scelta?
Avendo viaggiato molto quando aveva dai 2 ai 6 anni, Erik, il nostro secondo figlio, ha iniziato la scuola primaria già con un grande bagaglio di esperienze e di conoscenze, anche di lingue straniere.
Nel giro di pochi mesi aveva raggiunto gli obiettivi della prima classe; più passava il tempo e più Erik manifestava insofferenza e noia verso la scuola e noi ci rendevamo conto di quanto risultassero inadeguati per lui i tempi e i mezzi che venivano offerti.
Stando in ascolto profondo dei bisogni e delle esigenze del bambino, pur con tante domande, dubbi e paure, si affacciava dentro di noi l’idea di un percorso educativo e didattico alternativo e diverso.
La scelta quindi è stata una risposta a delle richieste più o meno esplicite da parte di Erik: ne abbiamo parlato insieme al piccolo, valutando le diverse possibilità e alla fine, ci siamo buttati in questa avventura.
Immagino che non seguiate il programma standard scolastico. Quali sono gli argomenti che vostro figlio apprende con voi?
Davvero la curiosità e fantasia dei bambini non ha fine! E' proprio Erik a proporre gli argomenti che gli piacciono. Ecco allora che studiamo il sistema solare: lo costruiamo, dipingiamo, andiamo in biblioteca a spulciare i libri più interessanti.
Per gli animali c’è una vera passione! Quindi ogni occasione è buona per imparare qualcosa in più per scrivere e contare e affacciarsi al mondo sempre con occhi desiderosi di sapere. E allora succedono delle magie per cui anche solo fare insieme una torta di mele diventa una lezione magistrale di matematica con tanto di frazioni e conversioni.
Se altri genitori volessero scegliere questa alternativa, ci dite quali sono i requisiti richiesti per assolvere all’istruzione dei propri figli?
Innanzitutto il nostro lavoro ci permette di essere molto presenti a casa, e questo sicuramente è un vantaggio. In ogni modo tutti i genitori possono fare questa scelta. C’è un modulo da compliare in cui si comunica alla direzione didattica la volontà di educare i propri figli, poi i requisiti richiesti o meglio i documenti richiesti possono variare da un distretto scolastico all’altro.
Vostro figlio sente mai la mancanza di contatti con i coetanei?
L’aspetto della socializzazione è uno dei punti più delicati dell’homeschooling o educazione parentale. Questa è una delle domande più frequenti che ci vengono poste, soprattutto da chi rappresenta le istituzioni.
Effettivamente, Erik non sente la mancanza dei coetanei e osservandolo quando ci troviamo in ambienti extrafamiliari, notiamo sempre e con sorpresa quanto sia in grado di fare amicizia con facilità e creare una relazione serena con bambini di tutte le età.
Siamo comunque consapevoli anche di quanto il gioco con altri bambini sia importante, per cui ci impegniamo a far sì che possa avere il più possibile contatti con altri bambini. Così tra feste a casa, pizza party, corso di yoga, cene con amici e oratorio... direi che il bisogno di socializzare è più che appagato un po’ per tutti!
Inoltre le famiglie che scelgono questo tipo di strada sono sempre più numerose sia in Italia che qui in Toscana, e anche se per ora la lontananza non ci permette di frequentarci spesso, ci impegniamo comunque per creare le occasioni e trovarci insieme per condividere uno spazio e un tempo di divertimento-apprendimento per i bambini e di confronto e crescita per noi genitori.
Inoltre esiste un network dedicato all’educazione parentale così che ci possiamo mettere in contatto con altri homeschoolers e aggiornarci, discutere di tematiche sull’educazione dei bambini, condividere materiali didattici, organizzare gite o laboratori e soprattutto fare amicizia.

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CiaoLapo Onlus. Insieme, per affrontare il lutto perinatale
"Mi dispiace, non c'è più il battito". Parole taglienti come rasoi, che feriscono a morte i cuori di mamme e papà, abbandonati all'elaborazione di un dolore ancora poco noto, spesso ignorato.
Ma l'associazione CiaoLapo Onlus non lascia che i genitori si rinchiudano nel loro baratro buio.
Abbiamo incontrato la fondatrice, psichiatra e psicoterapeuta, dottoressa Claudia Ravaldi di Prato. Ma soprattutto Mamma. Di Giulio, Guglielmo e anche di Lapo, diventato una splendida farfalla, a termine di una gravidanza che sembrava fisiologica. La sua breve esistenza, ha ispirato una vera rivoluzione culturale, partita dal tabù dell’indicibile che arriva ai giorni nostri.
Fino al 2006, anno di fondazione di CiaoLapo, l’Italia era completamente impreparata all’evento lutto perinatale. I genitori colpiti dalla morte del loro bambino non solo dovevano affrontare il lutto, ma spesso anche l’assenza di supporto in ospedale e sul territorio.
“Sono cose che capitano e non c’è causa”, “E’ molto molto raro”. Eppure 10 bambini ogni giorno muoiono nella seconda metà della gravidanza o nel primo mese dopo la nascita. E 3500 famiglie all'anno affrontano un trauma di questa portata.
CiaoLapo Onlus ha un cuore scientifico, che studia gli aspetti psicologici e psicosociali del lutto perinatale e della genitorialità dopo un lutto, e un compatto braccio assistenziale, che in questi otto anni e mezzo di attività ha offerto sostegno a circa 4000 famiglie.
Sono state create importanti sinergie con aziende ospedaliere, enti, università e con singoli professionisti sparsi in tutta la nazione. Attraverso il sito web e la pagina facebook, l'associazione rende disponibili e gratuite tutte le informazioni aggiornate, sia sugli aspetti medici che su quelli psicologici, regalando sollievo a tante persone. - La mia posta è sempre piena di email dai genitori che desiderano condividere i loro miglioramenti e la conquista di una nuova serenità - dice la dottoressa Ravaldi.
Molte delle iniziative di CiaoLapo sono pensate per diffondere la conoscenza di questo fenomeno, nel tentativo di restituire al bambino perduto la sua dignità e riconoscere lo status di genitori, a prescindere.
È un associazione apolitica, apartitica e aconfessionale che lavora in modo laico proponendo un modello di informazione e di autoaiuto, tenendo conto del dolore dei genitori e delle loro risorse, per prevenire disturbi psichiatrici, quali ansia o depressione. L'obiettivo è restituire le persone alle loro vite, senza forzature né fretta.
Dottoressa Claudia, quante donne si rivolgono a voi dopo un aborto? Si tratta di donne che hanno abortito consapevolmente o che lo hanno subìto, e quali sono le differenze tra le due?
Le statistiche italiane ci dicono che una gravidanza su sei non si conclude con la nascita di un bambino in salute, ma si arresta strada facendo, con la morte del bambino. Su CiaoLapo ci sono ad oggi circa 900 testimonianze di altrettante madri, alcune tra loro reduci da un interruzione terapeutica di gravidanza. Non ci sono differenze sostanziali nei modi del lutto, nei pensieri e nelle emozioni successive alla perdita, e certo non ci sono differenze nell’accoglienza.
“Fanne subito un altro, la prossima volta andrà meglio”. È una tipca frase usata spesso per congedare la madre, pensando di svincolarla dal suo dolore. Ma è davvero corretto, avere subito un altro figlio?
Gli ultimi studi prospettici svolti sulle madri con precedenti lutti prenatali e post natali hanno confermato ciò che la psicologia classica ha più volte evidenziato con numerosi contributi: se prima di avere un nuovo bambino non si elabora il lutto del figlio perduto, i rischi per il benessere della madre e del bambino successivo sono altissimi. A pagarne le conseguenze dirette sono le madri, che soffrono di ansia e di depressione molto di più che le madri senza lutti precedenti, e i figli neonati, che più frequentemente sviluppano disturbi dell’attaccamento o disturbi del comportamento in infanzia e adolescenza.
Claudia, quali sono gli step che una donna deve affrontare per superare il lutto?
Il lutto si compone di fasi che purtroppo non si possono saltare, né abbreviare. Dopo un lutto, ogni giorno, è un vero caleidoscopio psichico, perché la nostra mente reagisce scatenando un insieme di reazioni fisiche, psichiche ed emotive, spesso in grande contrasto tra loro.
La risposta alla perdita del bambino, inizia con un vero e proprio shock, che dura ore o giorni, e che limita notevolmente le capacità espressive e progettuali dei genitori. Molto spesso i genitori dicono di sentirsi “come proiettati in un’altra dimensione”, “come se fossi caduta in un buco nero”, “come se non fosse realmente successo”. Questa fase ha una funzione protettiva sulla psiche, perché permette al genitore di arrivare alla fase della consapevolezza dell’evento, coi suoi tempi psichici.
Quando poi si giunge a realizzare che la perdita è avvenuta (e questo nelle perdite perinatali è facilitato dal riconoscimento del bambino, dalla preparazione di un rituale di passaggio, nel caso di un aborto precoce, o di una funzione funebre nel caso di un bambino più grande, dal raccogliere ricordi di quel bambino e di quella gravidanza), inizia un periodo di vero e proprio lutto. In questa fase i genitori iniziano a cercare risposte ai loro perché e a chiedere aiuto, per esempio decidendo di iscriversi all’associazione e raccontare la loro storia.
In questo cammino, non mancano le fasi di grande smarrimento e paura (che possa accadere di nuovo, che non si abbiano più opportunità di avere altri figli...) di rabbia (perché a me?) fino all’invidia nei confronti di tutti gli altri, percepiti come “diversi” e “fortunati”.
Anche una persona senza precedenti disturbi psichici è sottoposta a notevole stress sia legato ai cambiamenti intercorsi in gravidanza, sia legato alla perdita dello stato gravidico (crollo ormonale), che vanno a complicare il già immenso trauma dovuto alla perdita del bambino.
Ogni lutto si elabora nel tempo, e il tempo è assai prezioso per ri-crearsi una narrazione interiore in grado di conservare il bambino perduto nella memoria lasciando andare il dolore.
Credo sia inoltre importante sfatare il mito della linearità del lutto: non c’è un inizio a tempo zero e una fine a tempo x, ma c’è un continuo ritornare su alcune parti del lutto, che necessitano di un’elaborazione progressiva. Non dobbiamo dunque stupirci, e tantomeno giudicare eccessivo, il genitore che inizia a elaborare scientemente il lutto dopo la data presunta del parto di un bambino perduto nelle prime settimane di gravidanza, o se ogni anno, intorno all’anniversario di nascita morte, i genitori si sentono peggio e provano ancora emozioni intense e sgradevoli di dolore e disperazione. Questo fa parte del viaggio, e non è un imprevisto, ma un evento piuttosto comune, che va affrontato in pienezza per essere poi elaborato gradualmente.
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La vista dei bambini
Parliamo di vista dei piccoli con la Dott.sa Collarino. Quando fare il primo controllo? Ci sono degli atteggiamenti particolari dei bambini che suggeriscono l'utilità di una visita oculistica. Come riconoscerli?
Alla nascita, prima della dimissione dall’ospedale o al primo controllo pediatrico, viene effettuato il cosidetto “ riflesso rosso”. E' un test molto semplice e assoltumante non invasivo che mira ad escludere patologie gravi come la cataratta congenita.
La prima visita oculistica è consigliabile ai 3 anni perché si riesce ad ottenere una buona collaborazione del bambino. In presenza di dubbi è comunque possibile testare l’integrità del sistema visivo, già dai primi mesi di vita con dei test oggettivi.
In caso di prematurità, sono previsti controlli specialistici accurati sia alla nascita che durante i primi mesi di vita, per il rischio di “retinopatia del prematuro”: una patologia legata all’immaturità del sistema visivo.
Quando è presente familiarità per particolari patologie oculari quali l’ambliopia (occhio pigro), un elevato vizio refrattivo come miopia, ipermetropia o astigmatismo è possibile anticipare il primo controllo.
In ogni caso, i genitori possono notare alcuni comportamenti particolari dei figli che suggeriscono la necessità di una visita oculistica.
-Il bambino ha gli occhi storti o tende ad averli?
-Si strofina spesso gli occhi?
-Tiene la testa inclinata quando scrive o guarda la TV?
-Avvicina troppo al viso i piccoli oggetti?
-Riferisce mal di testa soprattutto la sera?
-Ha spesso gli occhi rossi?
Se rispondete sì anche a una sola queste domande, è consigliato informare il proprio pediatra e il proprio oculista.
Dottoressa Silvia Collarino
377/4266353
scrivi alla dottoressa
www.docvadis.it/msilvia-collarino
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